La spada e l’agnello
Rimetti la spada nel fodero: queste a detta degli evangelisti sono le parole ben note che Gesù al momento dell’arresto nell’orto del Getsemani diresse a Pietro che con la spada aveva tagliato l’orecchio destro a Malco, servo del sommo sacerdote. Interpretano bene l’atteggiamento di Gesù nei confronti della violenza, ma sono anche frutto di una sapienza antica: Chi fa il male, riceverà il male (Pr. 11,27), che traduce l’eterna volontà di Dio: Se uno sparge il sangue dell’uomo, il suo sangue sarà sparso. Del vostro sangue, cioè della vostra vita io domanderò conto, della mano di ogni vostro fratello, creato a immagine di Dio (Gen. 9,6).Queste le parole del 1° Testamento che Dio rivolge a Noè, capostipite di una nuova umanità, subito dopo il diluvio universale. Ma l’ultimo libro del NT storicizza la lotta tra l’agnello, figura di Cristo, e il dragone, dalle 10 corna (= re), 7 teste (i 7 colli di Babilonia) i 7 diademi (pienezza della sovranità) e dai nomi spergiuri, adorato da tutti gli abitanti della terra, al quale è stato dato il potere della spada (Ap. 13) per il tempo stabilito, perché alla fine trionferà l’agnello inaugurando cieli nuovi e una nuova terra. Fin dalla fondazione del mondo c’è questa lotta tra i pacifici miti e i violenti che vogliono dominare. Noi cristiani, se vogliamo seguire Gesù, abbiamo un dovere di coerenza: rifiutare ogni forma di dominio e sopraffazione e adoperarci affinché la nostra comunità, la Chiesa, non sia ipocrita col parlare di pace e nonviolenza e poi far benedire uomini in armi da suoi preti, i cappellani militari, che arrivano anche con falsa dottrina a giustificare la guerra. Che sia maledetta la loro violenza e sia perdonata la nostra ignavia!
Fabrizio Truini
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Il futuro sarà come lo costruiremo
Abbiamo appena iniziato la Pasqua ebraica, la Pasqua cristiana è alle porte, tra due settimane inizia il Ramadan. Stiamo vivendo tutto questo, qualunque sia la nostra fede o la nostra non fede, in un modo totalmente nuovo, almeno nel tempo recente, e ci interroghiamo sul futuro del dopo coronavirus.
Sfido chiunque a disegnare con certezza che cosa veramente ci attende nel breve e lungo periodo, da ogni punto di vista: sociale, economico, culturale. Come donne e uomini di pace abbiamo però il dovere di porci davanti a questo futuro incerto con convinzione.
Le armi non si sono fermate neppure col coronavirus, vedi Libia, le fabbriche e i traffici di armi ancor meno. Quanti ospedali e presidi sanitari diffusi sul territorio avremmo potuto costruire e attrezzare con gli F35? Senza contare tutto il resto dell’armamentario. Qualunque sia lo scenario futuro dobbiamo pacificamente, ma con la forza della ragione e della volontà, batterci per rovesciare la logica che fin qui ha governato le scelte della politica.
Le guerre non scoppiano perché ci sono le armi, quelle determinano solo l’entità del disastro, ma perché ci sono persone che vogliono combatterle per i propri interessi. È tempo di ritornare ad avere uno sguardo planetario per non lasciarci sorprendere da un virus ancora più pericoloso e diffuso, il bellicismo.
Non è necessario essere profeti, tanto meno di sventura, per sapere che la crisi economica già in atto porterà a tremende fratture sociali sulle quali si avventeranno gli odiatori professionali della politica ma anche della società. Siamo chiamati ad una terribile scelta. Noi che da sempre pratichiamo il NO (No alla guerra, NO nuke, NO alle discriminazioni e al razzismo) rischiamo di trovarci involontariamente nel campo degli odiatori (NO alla politica, NO allo Stato, NO a tutto).
Da sempre giustamente intransigenti, la coscienza democratica, i movimenti, il mondo associativo, gli stessi pacifisti, hanno dilapidato però la forza più grande della Resistenza: l’unità di fronte a un nemico straordinario, annientatore. Le nostre divisioni, i nostri egoismi e narcisismi, la nostra incapacità di compiere scelte con lungimiranza, saranno i migliori propagatori del virus dell’odio e della guerra. Le nostre parole di pace saranno necessarie ma non sufficienti a combattere questo virus, mai debellato. Ci attende una nuova resistenza. Con quale spirito?
Luciano Ardesi
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